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Rassegna Stampa

Le nuove linee guida sull’Helicobacter pylori modificano l’approccio di prima linea

L’American Journal of Gastroenterology ha pubblicato una nuova linea guida sul trattamento dell’infezione da Helicobacter pylori, che infetta oltre la metà della popolazione mondiale, in gran parte in maniera asintomatica

Consigliato un trattamento più intenso e più lungo dell’infezione da Helicobacter pylori negli adulti dati i numerosi fallimenti della triplice terapia con inibitori di pompa protonica, claritromicina e amoxicillina.
La raccomandazione principale degli esperti canadesi è di allungare la durata del trattamento da 10 a 14 giorni e la quadruplice terapia: inibitore di pompa protonica, amoxicillina, metronidazolo e claritromicina. «Alcuni studi sostengono che la scelta del trattamento più adeguato dovrebbe basarsi sui test di sensibilità ai diversi agenti antibatterici e spesso tali esami non sono eseguibili con facilità, ma in loro assenza si suggerisce una scelta empirica degli antibiotici fatta in base ai dati locali di antibiotico resistenza e sui tassi locali di eradicazione.
fonte : doctornews

Linee di indirizzo di Agenas sulle Case della comunità

Le Case della Comunità (CdC) Hub sono il luogo fisico, di prossimità e di facile individuazione al quale i cittadini possono accedere per bisogni di salute che richiedono assistenza sanitaria e sociosanitaria a valenza sanitaria, e che presenta i necessari collegamenti con i servizi sociali per gli interventi socioassistenziali.

Le attività garantite dalla CdC hub riguardano assistenza al pubblico e supporto amministrativo-organizzativo ai pazienti (PUA), assistenza primaria erogata attraverso équipe multiprofessionali e continuità assistenziale, assistenza infermieristica, assistenza specialistica ambulatoriale di primo e secondo livello, assistenza domiciliare, assistenza sanitaria e sociosanitaria, punto prelievi, diagnostica di base, prenotazioni con collegamento al Centro Unico di Prenotazione (CUP) aziendale, partecipazione della Comunità e valorizzazione della co-produzione.

Per l’attuazione del modello organizzativo delle Case della Comunità (CdC) Hub previste dal Pnrr e tracciate nel DM 77/2022, Agenas ha pubblicato le Linee di indirizzo con le quali mira a definire un nuovo modello organizzativo per la rete di assistenza sanitaria territoriale, stabilendo standard uniformi su tutto il territorio nazionale.

L’attività dovrà essere organizzata in modo tale da permettere un’azione d’équipe tra Medici del ruolo unico di assistenza primaria, PLS, Specialisti Ambulatoriali Interni (SAI) e dipendenti – anche nelle loro forme organizzative – Infermieri di Famiglia o Comunità (IFoC), Assistenti Sociali e altri professionisti della salute disponibili a legislazione vigente nell’ambito delle aziende sanitarie, quali ad esempio Psicologi ambulatoriali interni e dipendenti, Biologi ambulatoriali interni e dipendenti, Ostetrica/o e Professionisti dell’area della Prevenzione, della Riabilitazione e Tecnica.

Secondo gli standard del DM 77/2022, si prevede una CdC hub ogni 40.000-50.000 abitanti e CdC spoke e studi professionali dei Medici del ruolo unico di assistenza primaria e PLS tenendo conto delle caratteristiche orografiche e demografiche del territorio al fine di favorire la capillarità dei servizi e maggiore equità di accesso, in particolare nelle aree interne e rurali, nel pieno rispetto del principio di prossimità. Le CdC hub diventano le sedi di riferimento in cui effettuare tutte le attività volte a garantire un accesso ed una risposta coordinata ai bisogni della Comunità e la necessaria continuità assistenziale all’interno dei diversi programmi e percorsi di prevenzione e cura.

Nella CdC hub è garantita la:– presenza medica h 24, 7 giorni su 7, anche attraverso il servizio di continuità assistenziale; – presenza infermieristica h 24, 7 giorni su 7.
L’orario di attività articolato nell’arco delle 24 ore giornaliere permette alla CdC hub di svolgere funzioni di primo livello disponendo di competenze cliniche e strumentali adeguate a fornire risposte a situazioni di minore criticità e bassa complessità e a garantire una prima risposta sanitaria sul territorio.

Le attività garantite riguardano l’ assistenza al pubblico e il supporto amministrativo- organizzativo ai pazienti, l’ assistenza primaria erogata attraverso équipe multiprofessionali e continuità assistenziale, assistenza infermieristica, assistenza specialistica ambulatoriale di primo e secondo livello, l’assistenza domiciliare,sanitaria e sociosanitaria, punto prelievi, diagnostica di base, prenotazioni con collegamento al Centro Unico di Prenotazione (CUP) aziendale, partecipazione della Comunità e valorizzazione della co-produzione.

Per assicurare l’erogazione delle attività, la CdC hub deve avere personale medico del ruolo unico di assistenza primaria h24,  7-11 IFoC,  1 assistente sociale del Ssn;
5-8 unità di personale di supporto (sociosanitario, amministrativo); un numero congruo di ore di specialisti ambulatoriali interni e dipendenti in base ai bisogni di salute del territorio.

Le CdC hub possono ospitare forme associative e/o studi medici della medicina generale. L’assistenza sanitaria h24 è garantita da personale medico e infermieristico che dispone delle competenze professionali adeguate a fornire risposte a situazioni di minore criticità e bassa complessità e a garantire una prima risposta sanitaria sul territorio.

Inoltre,  ad ogni CdC hub afferiscono funzionalmente i Medici del ruolo unico di assistenza primaria nei modi definiti dall’Accordo Collettivo Nazionale (ACN) collegati tra loro e con la CdC hub, anche attraverso la condivisione di strumenti e sistemi applicativi informatici, che permettono interscambio di informazioni allo scopo di diagnosi e cura.

Tutte le CdC spoke afferiscono funzionalmente alla CdC hub di riferimento e devono garantire la presenza medica e infermieristica h12, 6 giorni su 7, nel rispetto dei requisiti e degli standard minimi previsti dal DM 77/2022.

Gli IFoC impegnati nelle attività ambulatoriali delle CdC hub operano nell’ambito dei servizi dedicati alla cronicità per le patologie ad elevata prevalenza, quindi monitorano il percorso assistenziale, contribuendo alla programmazione delle attività anche attraverso l’utilizzo di strumenti digitali e di telemedicina e teleassistenza. Inoltre, gli IFoC forniscono assistenza infermieristica in collaborazione con tutti i professionisti presenti e con tutti i servizi aziendali.

L’assistente sociale è il professionista sociosanitario della CdC hub che agisce negli interventi di valutazione (o di rilevazione) degli aspetti sociali che influiscono sui bisogni di salute e nei percorsi integrati di presa in carico con attenzione alla persona, alla famiglia e al contesto di relazione e sociale nel quale è inserita e in rapporto all’ambiente. La figura dell’assistente sociale svolge la propria attività con la Comunità occupandosi della lettura delle risorse e delle problematiche presenti in un dato territorio nonché della promozione di risposte comunitarie e partecipate; agisce nell’organizzazione e attivazione di processi di integrazione sociosanitaria, interni ed esterni alla CdC hub. In particolare, assicura gli opportuni raccordi tra i servizi sanitari e sociosanitari ed i servizi sociali, sia a livello operativo nella costruzione di progetti personalizzati ai bisogni di salute, sia a livello organizzativo per la definizione di protocolli e percorsi che richiedono azioni congiunte tra sistema sanitario e sociosanitario e sistema sociale degli ATS/enti locali.

Quanto ai requisiti che dovranno essere garantiti in termini di strumentazione, dotazione obbligatoria per ogni CdC hub è il carrello di emergenza. Nel carrello di emergenza deve essere presente l’attrezzatura essenziale per il pronto soccorso e per la rianimazione cardiopolmonare di base (pallone autoespansibile, corredato di maschere facciali e cannule orofaringee, sfigmomanometro e fonendoscopio, laccio emostatico, siringhe e farmaci di pronto intervento, materiale per medicazione e kit per suture). Nel caso in cui vengano effettuate ricerche diagnostiche con manovre complesse, oltre alla dotazione di cui sopra, devono essere presenti: sistema di monitoraggio ECG e parametri vitali, defibrillatore semi-automatico e pulsiossimetro.

Saranno necessari momenti formativi locali e nazionali rivolti a tutti gli attori coinvolti, anche attraverso l’erogazione di crediti ECM, con lo scopo di rendere il più omogeneo possibile, pur nel rispetto delle diversità geografiche ed organizzative delle varie realtà locali, il modello organizzativo a livello nazionale. La formazione dovrà tener conto anche dell’evoluzione del contesto epidemiologico e normativo di riferimento, anche in termini di innovazione tecnologica.

fonte: quotidianosanità

Più infermieri e sempre meno medici: il dato del Ministero della Salute

Dal confronto tra il 2022 e il 2012 secondo il Ministero della Salute emerge che il Servizio sanitario nazionale ha perso oltre 10.000 unità tra ospedalieri, medici di medicina generale, pediatri di libera scelta e di continuità assistenziale mentre sale il numero degli infermieri che negli ultimi dieci anni sono aumentati di 7.076 unità.

Ospedalieri: 2012 > 104.618  2022> 101.827 (-2.791)

Medici di medicina generale:2012 > 45.437   2022> 39.366  (-6.071).

Pediatri (-694)

Continuità assistenziale 2012> 12.027   2022> 10.671 (-1.356).

Infermieri. nel 2012> 260.937  nel 2022> 268.013 .

Sclerosi Multipla: favorire la collaborazione tra tutti gli attori del sistema salute e migliorare la gestione e il percorso di cura. Il Manifesto

La Sclerosi Multipla solo in Italia colpisce 137.000 persone, soprattutto nella fascia più giovane della società .

Fortunatamente negli ultimi anni enormi passi avanti sono stati apportati migliorando il percorso di cura con circa 15-16 diverse terapia a media e alta efficacia; si sono affinati i meccanismi di diagnosi e compresi i processi della patogenesi anche se purtroppo non ancora le cause.

Il dialogo con il medico, infatti non è una strada senso unico: nella gestione della SM, condividere con il neurologo il proprio stile di vita, abitudini e ambizioni può aiutare ad identificare il percorso terapeutico e migliorare la qualità del percorso di cura. La strategia si chiama Processo Decisionale Condiviso ma è un’obiettivo da raggiugere in quanto, secondo un’indagine condotta da Novartis su 661 pazienti e 31 caregivers in Europa il 35% dei pazienti dichiara di non riuscire a parlare liberamente con il medico di tutti gli aspetti che riguardano la malattia, inclusi l’impatto sulle sfere più personali e intime.

Oltre ai rappresentanti di AISM, hanno contribuito alla creazione del Manifesto Sinergia Multipla la Dott.ssa Assunta Bianco – UOC Neurologia, Fondazione Policlinico Universitario ‘Agostino Gemelli, Roma; Dott.ssa Roberta Renié – Dipartimento Di Neuroscienze, Salute Mentale E Organi Di Senso. Sapienza Università di Roma; Dott. Antonio Cortese – Dipartimento delle Specialità Mediche P.O. San Filippo Neri, Roma; Dott.ssa Gina Ferrazzano – Dipartimento di Neuroscienze Umane, Sapienza Università di Roma; Dott. Antonio Ianniello – Dipartimento di Neuroscienze Umane, Sapienza Università di Roma; Dott.ssa Doriana Landi – UOSD Centro Sclerosi Multipla Fondazione PTV- Policlinico di Tor Vergata, Roma; Dott.ssa Serena Ruggieri – Dipartimento di Neuroscienze Azienda Ospedaliera San Camillo-Forlanini di Roma con il coordinamento scientifico del Professor Claudio Gasperini – Direttore UOC di Neurologia e Neurofisiopatologia S. Camillo-Forlanini e Coordinatore del Gruppo SIN per la Sclerosi Multipla.

 

Nuovo manuale ECM: tutte le novità

In arrivo per tutti i professionisti sanitari il nuovo manuale sulla formazione continua della Commissione ECM valido per il triennio 2023-25.

Ecco le novità:

Abbuono di 30 crediti per chi nel triennio 2020-22 aveva maturato fra 121 e 150 crediti  e di 15 crediti per chi ne aveva 80 e 120.

Il dossier dev’essere congruo con la professione esercitata e coerente, cioè il percorso programmato va completato almeno al 70% senza cambi di rotta. In tal caso, arrivano 50 crediti, 30 nel triennio in cui si è progettato il dossier, 20 nel successivo.

I responsabili scientifici prendono fino al 20% dei crediti consentiti, e i moderatori un credito per la sessione dove intervengono mentre i tutoraggi varranno un credito ogni 15 ore.

Gli articoli scientifici pubblicati valgono agli autori 3 crediti per primo, secondo e ultimo nome, 2 per gli altri nomi.

Tra le novità anche nuovi crediti per la partecipazione a ricerche e studi clinici: 5 crediti per attività di ricerca o collaborazione alla redazione di linee guida elaborate da enti o istituzioni pubbliche o private o da società scientifiche ed associazioni tecnico-scientifiche per un impegno fino a sei mesi, 10 per impegni fra 6 e 12 mesi e 20 crediti oltre i 12 mesi, «nel caso di partecipazione a trial multicentrici, o se gli studi sono multidisciplinari e vi è data rilevanza anche a medicina di genere, all’età pediatrica, alla comunicazione medico-paziente, ad aspetti deontologici e multi professionali, i crediti salgono a 8 per sperimentazioni fino a 6 mesi, a 16 per impegni tra 6 e 12 mesi e a 32 oltre i 12 mesi».

Gli obiettivi formativi sono saliti a 38, divisi in tecnico professionali, legati alla professione o disciplina di appartenenza; di processo, volti a conferire competenze atte a migliorare la qualità inerente la propria professione o disciplina; e di sistema, volti a conferire competenze trasversali agli operatori sanitari.

Su un fabbisogno teorico di 150 crediti, almeno 60 (40%) devono venire da eventi erogati da provider accreditati. Gli altri 120 devono arrivare da docenze, moderazioni, partecipazioni a ricerche, pubblicazioni e auto-formazione, cioè lettura di riviste scientifiche, capitoli di libri e monografie, manuali tecnici per attrezzature hi tech. Si riconosce un credito l’ora di autoformazione ma per l’auto-formazione i crediti ottenibili non possono superare il 20% del fabbisogno triennale.

Per gli eventi seguiti all’estero, se a cura di provider inseriti nella Lista Eventi Esteri di Formazione-Leef è riconosciuto il 100% dei crediti altrimenti si riconosce il 50% dei crediti indicati in evento ovvero metà dei crediti ricavati applicando il criterio di un credito per ora. Gli esoneri non danno crediti ma riducono l’obbligo formativo individuale di un terzo l’anno.

Esenzione per i professionisti in pensione che esercitano saltuariamente.

Se il professionista vuole far valere esonero od esenzione o conoscere il numero di crediti conseguiti in qualsiasi momento può chiedere l’attestato al Cogeaps. E, se i crediti di un evento non si trovassero più, in tutto o in parte, in prima battuta chiederà al provider lo stato di invio del rapporto dell’evento al Cogeaps; in assenza di feed-back, potrà chiedere a Cogeaps l’inserimento manuale dei crediti inserendo luogo data ed identificativo del provider, producendo attestato di partecipazione ed auto dichiarando il superamento del test.

Flessibilità nelle assunzioni: Decreto PNRR

La commissione Bilancio della Camera ha approvato una proposta di modifica presentata dalla maggioranza tesa a superare le limitazioni previste sul lavoro autonomo e le assunzioni a tempo determinato per gli enti del Servizio sanitario nazionale.

La volontà è quella di superare il limite del 50% della spesa sostenuta nel 2009, per assumere medici e professionisti sanitari  con contratti di lavoro subordinato a tempo determinato, con convenzioni o con co.co.co. e porre fine ai cosiddetti medici gettonisti.

Soddisfazione per il via libera è stata espressa anche dal sottosegretario alla Salute, Marcello Gemmato: “Bene l’approvazione dell’ emendamento, a firma delle forze di maggioranza, al Decreto Pnrr, che facilita le assunzioni di personale sanitario e sociosanitario con contratti flessibili – ha commentato , rappresenta un primo passo verso l’abolizione dei tetti di spesa per le assunzioni di personale su cui il Ministro Schillaci e il Governo Meloni sono da tempo impegnati.

Garante della Privacy multa l’azienda sanitaria non conforme alle Linee guida sul dossier sanitario

Il Garante Privacy ha sanzionato un’ Azienda sanitaria dell’Alto Adige  per non aver configurato correttamente le modalità di accesso al dossier sanitario elettronico. Le verifiche sono iniziate a seguito di alcune segnalazioni che lamentavano il trattamento non corretto di dati personali effettuato tramite il sistema di refertazione delle prestazioni erogate dall’azienda.

Dalle verifiche è emerso che il sistema consentiva l’accesso ad una ampia lista di figure che niente avevano a che fare con il percorso di cura dei pazienti, come il personale amministrativo.

Le“Linee guida in materia di Dossier sanitario” del giugno 2015,  stabiliscono che “il titolare del trattamento deve porre particolare attenzione nell’individuazione dei profili di autorizzazione, adottando modalità tecniche di autenticazione al dossier che rispecchino le casistiche di accesso proprie di ciascuna struttura” garantendo che l’accesso al dossier sia limitato al solo personale sanitario che interviene nel tempo nel processo di cura del paziente”.
Oltre al pagamento della sanzione l’Azienda dovrà immediatamente allineare i propri processi interni alle Linee guida in tema di privacy delle proprie prestazioni sanitarie.

Salute mentale, diritti umani e legislazione: nuove linee guida

L’Organizzazione Mondiale della Sanità e l’Ufficio dell’Alto Commissario per i Diritti Umani hanno annunciato il lancio delle nuove linee guida intitolate  sulla “Salute mentale, diritti umani e legislazione: orientamenti e prassi” che mirano a sostenere i Paesi nella riforma legislativa, con l’obiettivo di porre fine agli abusi dei diritti umani e aumentare l’accesso a cure di salute mentale di alta qualità.

Le linee guida stabiliscono cosa deve essere fatto per accelerare la deistituzionalizzazione e incorporare un approccio comunitario basato sui diritti all’assistenza sanitaria mentale. Ciò include l’adozione di legislazioni per sostituire gradualmente le istituzioni psichiatriche con sistemi inclusivi di supporto comunitario e servizi come il sostegno al reddito, l’assistenza all’alloggio e le reti di supporto tra pari. Porre fine alle pratiche coercitive nell’assistenza sanitaria mentale, come il ricovero involontario, il trattamento forzato, l’isolamento e le restrizioni, è essenziale per rispettare il diritto di prendere decisioni sulla propria assistenza sanitaria e sulle scelte terapeutiche. Inoltre, un crescente corpo di prove dimostra come le pratiche coercitive influenzino negativamente la salute fisica e mentale, spesso aggravando la condizione esistente di una persona mentre la allontanano dai propri sistemi di supporto.

Le linee guida propongono inoltre disposizioni legislative per porre fine alla coercizione nei servizi di salute mentale e garantire il consenso libero e informato come base di tutte le iniziative relative alla salute mentale, anche le più complesse.

Riconoscendo che la salute mentale non è responsabilità esclusiva del settore sanitario, le nuove linee guida sono rivolte a tutti i legislatori e i responsabili delle politiche coinvolti nella redazione, modifica e attuazione della legislazione e forniscono una checklist da utilizzare per valutare se la legislazione relativa alla salute mentale è conforme agli obblighi internazionali in materia di diritti umani, ponendo l’enfasi su un coinvolgimento attivo dei pazienti e loro caregiver per adattare e personalizzare le leggi a circostanze specifiche senza compromettere gli standard dei diritti umani.

 

Spesa Sanitaria: Il rapporto della Corte dei Conti

La spesa sanitaria pubblica italiana, pari a circa 131 miliardi, risulta ridotta rispetto ai 423 della Germania e ai 271 della Francia. A parità di potere d’acquisto, la spesa italiana pro capite risulta meno della metà di quella della Germania.

A seguito dell’emergenza Covid il Fondo sanitario nazionale è tornato a crescere a ritmi ben più sostenuti rispetto agli anni precedenti. Nonostante ciò, resta ancora alto il gap tra la spesa italiana e quella finanziata da Germania, Francia e Regno Unito. Questo, insieme ad un recupero delle liste d’attesa, ulteriormente peggiorante nel periodo pandemico, ha portato ad una crescita della spesa privata sostenuta dalle famiglie ben più alta rispetto a quella degli altri Paesi europei.

Nonostante le difficoltà ed il sottofinanziamento, il Sistema sanitario nazionale tiene botta e continua a far registrare buone performance. Questi solo alcuni dei dati emersi dalla Relazione della Corte dei Conti al Parlamento sulla gestione dei servizi sanitari regionali.

Con il Covid torna a crescere il Fsn. La Corte dei Conti sottolinea come lo sforzo di efficientamento gestionale del decennio passato sembra aver dato risultati permanenti che “nel complesso hanno resistito anche di fronte a un evento imprevedibile e di portata epocale, come la pandemia da Covid-19”. La spesa sanitaria corrente in termini di contabilità nazionale “è salita a 131,1 miliardi di euro nel 2022, dai 127,5 del 2021 e dai 122,7 del 2020 dopo essere stata nei sette anni precedenti assestata attorno a 110 miliardi”. A fronte di questo livello complessivo di spesa, il finanziamento ordinario del Sistema sanitario nazionale “è salito nel 2022 a 125,98 miliardi dai 122 del 2021, e i 120,5 del 2020”.

Se si considera il dato globale nelle sue componenti, si nota che “un anno di svolta è rappresentato dall’esercizio 2020, nel quale la componente dei redditi da lavoro dipendente (37,3 miliardi) scende al di sotto della spesa per i consumi intermedi (39,2 miliardi), che proseguono a crescere più della spesa per i dipendenti anche nel biennio successivo (38,2 miliardi nel 2021 e 40,37 nel 2022)”. La spesa per il personale fino al 2017 aveva registrato decrementi annui di poco inferiori a un punto percentuale. “Va registrata in questo ambito una crescita improvvisa del 5,5% nel 2022, anche per la corresponsione di arretrati dei rinnovi contrattuali. Ben più dinamica è stata invece la crescita della spesa per consumi intermedi, passati dai 29,8 miliardi del 2013 ai 44,4 miliardi del 2022, tendenza rafforzata anche dalle spese straordinarie dovute all’emergenza pandemica”.

Aumenta il personale, scendono i redditiSolo nell’anno 2022, in conseguenza dell’emergenza pandemica, “le unità del personale hanno superato di poco i livelli occupazionali del 2008, ponendo fine a un decennio di riduzione, mentre la spesa per i redditi da lavoro dipendente ha eguagliato, in termini nominali, quella del 2008 solo a partire dall’anno 2021 (38,5 mld, +0,3% rispetto al 2008, pari a 38,3 mld), segnando, quindi, comunque una riduzione netta in termini reali”.

Liste d’attesa, è ancora lontano il loro recupero. Gli effetti negativi della pandemia sulle erogazioni di servizi sanitari si protraggono anche nel biennio 2022-2023 e appaiono ben lontani dall’essere recuperati. I dati pubblicati da Agenas sul rispetto dei tempi di attesa degli interventi chirurgici “urgenti” (classe A), da erogare quindi entro 30 giorni dalla prescrizione, “indicano che nel 2021, sul piano nazionale, su 12 tipologie di interventi relativi alle principali patologie tumorali o cardiache, solo per quattro è migliorata rispetto al 2019 la percentuale di erogazione delle prestazioni nei tempi standard di attesa; nel 2022, inoltre, rispetto all’anno precedente, vi è stato un lieve, generalizzato, peggioramento della performance per tutte le tipologie di intervento, ed i volumi di attività complessivamente erogati dalle strutture ospedaliere pubbliche e accreditate, pur incrementati di 328.000 unità rispetto al 2021, sono stati ancora inferiori di circa il 10% rispetto al 2019 (pari, in valore assoluto, a 890.000 ricoveri in meno); il recupero ha riguardato soprattutto i ricoveri programmati e diurni, mentre quelli di urgenza sono stati, nel 2022, ancora inferiori del 13% rispetto al 2019”.

Confrontando, invece, le variazioni dei volumi di attività dei Servizi sanitari regionali del primo semestre 2023 con il 2019, relativi al totale delle prestazioni di specialistica ambulatoriale, “i dati Agenas evidenziano che solo 15 Regioni su 21, nello scorso anno, hanno superato i livelli del 2019, mentre 6 Regioni (Abruzzo, Valle d’Aosta, Calabria, Molise, P.A. di Bolzano) erano ancora al di sotto del valore soglia di quell’anno”.

Cresce la spesa privata, più che negli altri Paesi UE. Il relativo contenimento della spesa pubblica sanitaria e il fenomeno delle liste di attesa hanno come corollario una spesa privata al di fuori del Servizio sanitario nazionale che appare assai elevata, crescente, e molto superiore a quella degli altri paesi dell’UE. “Nel 2022, in Italia la spesa diretta a carico delle famiglie è stata il 21,4% di quella totale, pari ad un valore pro capite di 624,7 euro, in crescita del 2,10% rispetto al 2019, con ampi divari tra Nord (che spende mediamente di più) e Mezzogiorno. Confrontandola con quella dei maggiori paesi europei, a fronte del 21,4% di quella italiana, corrispondente, a parità di potere d’acquisto, a 920 dollari pro capite, l’out of pocket in Francia raggiunge appena l’8,9% del valore totale (corrispondente, per il 2021, 544 dollari pro capite), l’11% in Germania (882 dollari pro capite)”.

Più investimenti in sanità, anche al SudLa spesa per investimenti fissi lordi sanitari, in termini di competenza, ha avuto storicamente livelli modesti, con un picco di 5 miliardi nel 2008 (pari al 9,8% del totale degli investimenti pubblici) per scendere nel 2019 al minimo di 3,3 miliardi. Con la pandemia nel 2020 gli investimenti in sanità crescevano del 6,5% superano i 6,2 miliardi per stabilizzarsi nel 2021 e nel 2022 attorno alla soglia dei 5 miliardi. Viene tuttavia sottolineato un positivo fenomeno di riequilibrio territoriale.

“Rispetto al 2019, nel 2022 la crescita degli investimenti degli Enti del Ssn del Mezzogiorno, pari al 49,8%, è stata più dinamica di quella dell’intero comparto a livello nazionale (+35,9%), e l’incidenza della quota degli stessi sul totale nazionale è cresciuta di circa 3 punti percentuali, dal 26,6 al 29,3%; questi dati sono un primo segnale, positivo, riguardo al percorso di recupero dei divari infrastrutturali, programmato con i fondi Pnrr e Pnc e ‘potenziato’ con la riserva del 40% delle risorse territorializzabili in favore degli Enti del Mezzogiorno”. In valore assoluto pro capite, invece, nel 2022 la spesa più alta si registra nelle Regioni a statuto speciale Valle d’Aosta (1.198 euro) e Trentino-Alto Adige (1.115 euro), quella più bassa nel Lazio (150 euro) ed in Sicilia (197 euro); la variazione percentuale più rilevante, invece, si registra in Valle d’Aosta (+125,2%) e Sicilia (+122,2%) che partiva da valori pro capite molto modesti.

La spesa sanitaria in Italia cresce meno rispetto ai grandi paesi europei. Nel confronto internazionale prendendo a riferimento l’anno 2022, la spesa sanitaria pubblica italiana, pari a circa 131 miliardi, risulta ridotta rispetto ai 423 della Germania e ai 271 della Francia. A parità di potere d’acquisto, la spesa italiana pro capite risulta meno della metà di quella della Germania. “Nel biennio della pandemia, 2020-2021, la spesa sanitaria pubblica è aumentata, in valore cumulato, del 15,5% in Italia, un incremento molto superiore al decennio precedente, ma inferiore a quello registratosi in Francia (+19,2%), Germania (18,4%), e Regno Unito (+28,6%). L’incidenza della spesa sanitaria pubblica in rapporto al Pil è stata pari al 6,8%, superiore di un decimo di punto a quella del Portogallo (6,7%) e di 1,7 punti rispetto alla Grecia (5,1%), ma inferiore di ben 4,1 punti a quella tedesca (10,9%), di 3,5 punti a quella francese (10,3%), e inferiore di mezzo punto anche a quella spagnola (7,3%)”.

Nonostante i finanziamenti, reggono le performance del Ssn. Nonostante il confronto europeo evidenzi un contenimento della spesa, i risultati della performance del sistema sanitario nazionale continuano ad essere relativamente positivi. “Ad esempio, tra gli indicatori di qualità delle cure, quello relativo al tasso di mortalità prevenibile in Italia (91 per 100.000 abitanti) o trattabile (55 per 100.000 abitanti) risulta molto inferiore alla media Ocse (pari, rispettivamente, a 158 e 79 per 100.000 abitanti); tra gli indicatori di qualità delle cure, quello relativo alla mortalità a 30 giorni dopo un attacco ischemico segnala valori più positivi per l’Italia (6,6% a fronte del 7,8% della media Ocse). Anche la qualità dell’assistenza primaria evidenzia valori nettamente migliori per l’Italia (214 ricoveri inappropriati per infarto acuto del miocardio ogni 100.00 abitanti, a fronte, in media, di 463 nei paesi Ocse); negli accertamenti preventivi, il 56% delle donne risulta avere aderito a screening per il cancro al seno, poco più della media Ocse (55%)”.

Valori meno positivi, invece, “nel consumo, eccessivo, di antibiotici, e nel tasso di mortalità dovuto all’inquinamento atmosferico (40,8 per 100.000 abitanti, a fronte di una media Ocse di 28,9). Riguardo alle risorse umane, gli indicatori segnalano, per l’Italia, un tasso di medici praticanti pari a 4,1 per 1.000 abitanti, superiore alla media Ocse (3,7), ma un numero insufficiente di infermieri 6,2 a fronte di 9,2, e, inoltre, un numero di posti letto ospedalieri, pari a 3,1 per 1.000 abitanti, anch’esso inferiore al dato medio Ocse, pari a 4,3″.

Peggiora la speranza di vita, soprattutto al Sud. La pandemia ha ridotto sia la speranza di vita della popolazione italiana di circa un anno, sia l’attività di prevenzione. La speranza di vita senza limitazioni nelle attività a 65 anni, pari, a livello nazionale a 10 anni, scende a 8,3 nel Mezzogiorno e a 7,8 nelle Isole, mentre nel Nord sale a 11,0 anni. Particolarmente critica appare la situazione della Regione Campania dove “si osserva una causalità diretta tra stili di vita e situazione di multi-cronicità e limitazioni gravi tra le persone di oltre 75 anni che risulta del 66,5% rispetto a una media nazionale del 49%. In generale, la situazione di multi-cronicità grave risulta in media 12 punti superiore nel Mezzogiorno rispetto alle Regioni del Nord e 8 -10 punti superiore a quelle del Centro”.

Con riguardo alla prevenzione, mentre a livello generale il Paese si colloca in un range superiore alla media Ocse, in quello regionale “si apprezza una minore compliance delle Regioni meridionali, le cui popolazioni aderiscono in misura assai ridotta all’attività di screening e presentano, in media, una situazione di aspettativa di vita complessiva e di multicronicità con limitazioni gravi a 75 anni assai meno favorevoli del Centro-nord”.

Punteggi Lea: migliorano Abruzzo, Campania e Puglia; cresce ancora il gap per Basilicata, Molise e Calabria. Nel confronto dei punteggi per i Lea delle Regioni del Mezzogiorno con quelli delle Regioni best performer, negli anni 2012 e 2019, una “netta riduzione dei divari territoriali si registra su tre Enti su sette (Abruzzo, Campania, Puglia), mentre per tre di essi si registra un aumento del differenziale a loro sfavore (Basilicata, Molise e, soprattutto, Calabria), che invece risulta in lieve riduzione nel caso della Sicilia”.

Confrontando i risultati delle Regioni del Mezzogiorno con le migliori performance del 2012 (Emilia-Romagna, pari a 210 punti) e del 2019 (Veneto e Toscana, pari a 222 punti), si osserva che la Campania ha ridotto lo scarto differenziale negativo di circa il 42%, da 93 a 54 punti; l’Abruzzo, (che ha conseguito l’incremento in assoluto più alto con + 59 punti), riduce il suo differenziale negativo del 72%, portandolo da 65 a 18 punti. Anche la Puglia ha migliorato nettamente la propria performance, riducendo del 59% il differenziale a proprio sfavore, che scende da 70 a 29 punti. Per la Sicilia il differenziale con le best performer scende da 53 a 49 punti, nel caso del Molise invece sale da 64 a 71 punti. Infine, il differenziale negativo tra la Calabria e la best performer del 2012 (l’Emilia-Romagna), pari a 77 punti, nel 2019 incrementa a 96 punti.

Mobilità sanitaria, le Regioni in piano di rientro le meno attrattive. Nell’analisi del fenomeno della mobilità sanitaria interregionale, le Regioni con maggiore capacità attrattiva risultano quelle che nell’ambito della valutazione dei Lea ottengono i punteggi più elevati. Le Regioni “meno attrattive” sono, ad eccezione del Molise, quelle in piano di rientro (Abruzzo, Puglia, Sicilia, Lazio, Calabria, Campania). Se fino al 2021 la Regione che generava un ampio saldo positivo della mobilità interregionale era la Lombardia, per il 2022 e il 2023 il primato spetta all’Emilia-Romagna.

“La mobilità incide sulle entrate a disposizione di ciascuna Regione per il finanziamento del sistema sanitario, attraverso un complesso meccanismo di compensazione che può essere valutato solo in prospettiva pluriennale. In questa direzione nell’arco di un decennio, la Lombardia si è trovata a disporre di risorse aggiuntive per 5,6 miliardi, l’Emilia-Romagna per 3,4, il Veneto per 1,3 e la Toscana per 1, il Molise per 282 milioni. Sul fronte opposto la Campania ha perduto risorse per 2,7 miliardi, la Calabria per 2,4, il Lazio per 2,2, la Sicilia per 1,9 miliardi. Perdite non trascurabili di risorse da mobilità si sono riscontrate anche per Abruzzo, Liguria, Piemonte e Marche”.

Cresce la spesa farmaceutica complessiva. L’andamento della spesa farmaceutica e il rispetto dei tetti di spesa previsti è stato esaminato sulla base di dati aggiornati forniti da Aifa. “Nel periodo gennaio-settembre 2023, la spesa farmaceutica complessiva (che include la farmaceutica convenzionata, 7.0% del Fsn, e gli acquisti diretti, 7.85%, di cui 0,20% per i gas medicinali), è stata pari a 16,4 miliardi, in aumento di circa 1 miliardo (+6,9%) rispetto al medesimo periodo del 2022, con un’eccedenza di spesa di 2,3 miliardi, che ha portato l’incidenza media nazionale dell’aggregato sul Fsn dal 16,4 (nei primi tre trimestri del 2022) al 17,21% (nel medesimo arco temporale del 2023)”. Tutte le Regioni, ad eccezione della Valle d’Aosta, hanno superato il tetto programmato (14,85% del Fsn).

Tra le sue componenti, sempre nel periodo gennaio-settembre 2023, “la spesa farmaceutica convenzionata, sul piano nazionale, è stata contenuta nell’ambito del relativo tetto di spesa, essendo stata pari al 6,36% del Fsn, inferiore di 0,6 punti percentuali allo specifico limite di spesa fissato al 7% del Fsn; in valore assoluto, la spesa è stata pari a circa 6,1 miliardi, inferiore di 611,4 milioni di euro al limite programmato; confrontandola con quella dei primi tre trimestri del 2022, la variazione positiva è stata pari a 109 milioni (+1,8%). Disaggregando il risultato nazionale, si osserva che cinque Regioni (Lombardia, Basilicata, Sardegna, Campania e Abruzzo), hanno registrato una spesa superiore al 7,0% del Fsr, con scostamento massimo in Lombardia (+58,7 mln) e minimo in Abruzzo (233 mila euro). La somma degli scostamenti positivi di tali Regioni, pari complessivamente a circa 66 milioni, è stata più che compensata dalla minore spesa degli altri Enti; tra questi, il Veneto ha registrato una spesa inferiore di 142 milioni al tetto del 7% del Fsr, pari a circa il doppio del surplus complessivo di spesa, seguito dall’Emilia Romagna (-139 milion) e dalla Toscana (-96 miliardi)”.

La spesa per gli acquisti diretti (al netto dei payback e di quella per farmaci innovativi e gas medicinali), nel periodo gennaio- settembre 2023 ha raggiunto i 10,2 miliardi, in crescita di 945 milioni (+10,2%) rispetto all’analogo periodo del 2022, con un’incidenza sul Fsn pari al 10,66%, ossia 3 punti percentuali oltre il tetto programmato (7,65%), e 0,8 punti percentuali più del valore (nello stesso arco temporale) per il 2022 (9,86% del Fsn). “Tutte le Regioni hanno registrato un eccesso di spesa, contribuendo così al superamento del tetto di spesa a livello nazionale, ma con un ampio scarto, pari a 3,8 punti percentuali, tra valore minimo (Lombardia) e massimo (Sardegna)”.

Scenda la spesa per ticket. Un approfondimento è dedicato alla compartecipazione alla spesa per prestazioni sanitarie (Ticket) che risulta in diminuzione nel triennio analizzato. In particolare, nel 2021 le risorse ammontano a 968,68 milioni, con una riduzione del 28,63% rispetto al 2019 (oltre 1,3 miliardi), e in lieve ripresa rispetto al 2020 (823,5 milioni). “L’andamento delle risorse mostra un evidente effetto dello stato di emergenza pandemica, che ha ovviamente influito sulla quantità delle prestazioni sanitarie eseguite nel corso del 2020, mentre nel 2021 vi è stata una timida ripresa. La riduzione delle sotto voci di entrata riferibili al ticket è generalizzata e riguarda non solo le prestazioni di pronto soccorso, ma anche l’ambito della specialistica ambulatoriale (rispettivamente -32,24% e -28,39% nel triennio 2019-2021)”.

I ricavi da ticket per abitante, nel 2021, “sono pari a 17 euro, in riduzione di 6 euro rispetto al valore del 2019 (23 euro). Nel triennio, il valore più elevato si rileva nella Regione Valle d’Aosta (47 euro nel 2021, 65 euro nel 2019); a seguire, le Province autonome di Trento e Bolzano e le Regioni Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Veneto e Friuli-Venezia Giulia. Le Regioni con un importo di ticket per abitante più basso, sempre nella serie storica considerata, sono la Sicilia, la Campania, la Puglia e la Calabria”.

Crescono i debiti del Ssn. La voce debiti v/fornitori è cresciuta nel corso degli anni passando dagli oltre 15,26 mld del 2019 ai 17,47 mld del 2021 con un aumento percentuale pari al 24,04%. “L’ammontare dei debiti verso fornitori (per anno di formazione della fattura) presenta un importo rilevante ante 2018 pari al 13% del totale; vale a dire che i debiti sorti prima del 2018 che non risultano ancora pagati a fine 2021, ammontano a circa 2,4 miliardi, di cui in contenzioso giudiziale o stragiudiziale ammonta a 726 milioni”.

Restano critici i tempi medi di pagamento in Calabria. Sui tempi medi di pagamento è emerso un miglioramento generalizzato, che si riscontra, ad esempio, in Piemonte, Lazio e Puglia. L’introduzione della fatturazione elettronica è causa diretta del miglioramento nella gestione dei pagamenti, anche se occorre una maggiore attenzione all’utilizzo integrale della Piattaforma crediti commerciali, come segnalano puntualmente i verbali dei tavoli ministeriali. “Rimane assai critica la situazione dei tempi di pagamento degli Enti della Regione Calabria. All’interno del dato della Calabria, si registrano ampi scostamenti tra l’Ente più efficiente, con un ritardo pari a zero nel 2019 e pari a -9 giorni nel 2021 e il soggetto più critico nel quale si scende da un ritardo di pagamento di 946 giorni a uno di 534. Destano attenzione anche i risultati emersi per gli Enti del Molise e della Sardegna anche se in miglioramento rispetto agli anni precedenti”.

Fonte: quotidianosanità.it

Ministero della Salute, al via l’atto di indirizzo. Ecco cosa prevede

“Il valore inestimabile del sistema sanitario italiano è da sostenere ed accrescere con investimenti finalizzati a rafforzare la tutela del bene salute”. “La salute va considerata non più un costo ma un investimento da potenziare anche per rispondere a pandemie, invecchiamento, sfide della ricerca”. È in questi due concetti il senso dell’atto di indirizzo di cui si è dotato il Ministero della Salute per questo 2024. Un documento che segue interventi strutturali come la riforma dell’Aifa-Agenzia del Farmaco, la riarticolazione dei quattro dipartimenti e delle 12 direzioni generali del Dicastero e la nomina di un dirigente generale per il monitoraggio delle politiche ministeriali.

Le riforme ministeriali – Nell’anno chiave per la realizzazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, il Ministero raccoglie due sfide trasversali a territorio ed ospedale: organizzativa e di valorizzazione del personale. Sul territorio l’obiettivo è realizzare – tra Case ed Ospedali di comunità, centrali operative e nuova assistenza domiciliare – servizi mirati in primis a pazienti cronici, fragili, soli in casa aiutabili con degenze brevi in strutture a medio-bassa intensità. La seconda sfida passa per medici di medicina generale e pediatri di libera scelta, da rendere protagonisti dei modelli di assistenza e da responsabilizzare sotto il profilo della raccolta dati e dell’aggiornamento delle schede assistito. A cavallo fra territorio ed ospedale c’è poi la sfida della digitalizzazione dell’offerta sanitaria. Che parte dall’ospedale o, meglio, dalle 280 sedi di dipartimenti emergenza accettazione di 1° e 2° livello. Per alimentare i percorsi di presa in carico ospedale-territorio ai fondi del PNRR aggiungeremo quelli del Piano nazionale per gli investimenti complementari nell’ambito del progetto UE “Ecosistema innovativo della salute”.

La sfida dei percorsi ospedale-territorio – Il Ministero cita poi tra le sfide la gestione delle liste d’attesa dei ricoveri programmati e nuovi modelli nazionali di monitoraggio del percorso del paziente, “dal momento della presa in carico della domanda, all’inserimento in lista d’attesa, all’accesso al ricovero, fino alla sua dimissione”. Nel passaggio successivo ricorda i Piani nazionali che dovranno trovare adempimento. A fianco dei Piani Oncologico, Cronicità, Malattie rare, Prevenzione Vaccinale, Prevenzione, Antibiotico-resistenze, Dolore e Cure Palliative, cita il Programma Nazionale Equità nella salute.

L’altra faccia dell’autonomia – Previsto nell’Accordo Italia-UE sulla Programmazione della politica di coesione 2021-27, il Programma Equità nasce in realtà per rinforzare offerta sanitaria ed accesso alle cure in sette regioni tra Sud ed Isole in un momento in cui per regioni più ricche al Nord si profila maggiore autonomia nelle scelte, e disponibilità di risorse ad hoc. Quale organismo posto a sorveglianza del rispetto dei livelli essenziali di assistenza, per le sette regioni il Ministero indica quattro aree di intervento: contrasto alla povertà sanitaria; salute mentale; politiche di genere; maggior copertura degli screening oncologici. Saranno varati specifici Piani Operativi dove le sette regioni e l’Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni Migranti – INMP realizzeranno progetti in coerenza con il documento di programma approvato dalla Commissione Europea con risorse attinte tramite riparto ad hoc.

Un orizzonte triennale – Si citano infine dodici macro-aree dove andrà ad incidere la politica sanitaria dei prossimi tre anni: rafforzamento del sistema di prevenzione a garanzia del benessere del cittadino specie nelle fasce di popolazione a rischio; politiche innovative di ricerca sanitaria; aumento della sorveglianza epidemiologica a contrasto delle emergenze sanitarie; lotta alle diseguaglianze tra regioni; valorizzazione dei professionisti sanitari specie nelle aree del SSN più critiche e nel pronto soccorso; innovazione tecnologica con particolare riferimento ai dispositivi medici; implementazione del fascicolo sanitario e diffusione della telemedicina e dei dati sanitari: ammodernamento delle strutture organizzative ministeriali; educazione sanitaria; promozione dei corretti stili di vita; interventi su benessere animale e sicurezza alimentare; politiche internazionali in particolare su programmi comunitari cui il nostro paese ed il nostro SSN possono dare impulso.

Fonte: sanità33.it